02/12/09
11. PINK MOUNTAINTOPS. Outside Love.
11
PINK MOUNTAINTOPS
Outside Love
(Jagjaguwar)
Luogo comune vuole che quando il leader o il principale autore di un gruppo giochi la carta del disco solista, e non vada a fare cose diametralmente opposte, il primo commento buttato lì sia quasi sempre quello: “Sembrano demo del suo gruppo.” Se c’è invece uno a cui proprio non lo si può dire è invece Stephen McBean. E non perché sia andato a fare cose diametralmente opposte, giacchè sempre di rock in fondo stiamo parlando, ma perché il suo terzo album a nome Pink Mountaintops rivela una vena fino ad ora sconosciuta del suo autore. Mai affiorata così prepotentemente nei due album precedenti, nè tantomeno nel ribollente magma hard/psichedelico dei Black Mountain, nelle cui mani ben difficilmente immaginiamo le dieci canzoni di Outside Love. Un insieme organico e compatto di ottime canzoni fatte e finite, innanzitutto. Brillanti nella loro semplicità, e ciononostante dense di belle idee. Che suonano come se Jesus And Mary Chain, Mazzy Star, Spiritualized e Cowboy Junkies si fossero isolati per un po’ in una fattoria del profondo sud statunitense, assorbendone il clima musicale e uscendone con una serie di storie d’amore visionarie. Nella ipotetica fattoria c’era invece McBean, accompagnato da un gruppone di tutto rispetto – da Ashley Webber (The Organ, Bonnie “Prince” Billy) e Jesse Sykes, che duettano meravigliosamente con lui, a Sophie Trudeau (A Silver Mt. Zion) e a vari Black Mountain – e ispiratissimo. Axis: Throne of Love ed Execution aprono le danze con un muro spectoriano solenne a cui è difficile resistere, While We Were Dreaming materializza Hope Sandoval e Margo Timmins contemporaneamente, The Gayest of Sunbeams accelera, And I Thank You rallenta come una ballatona soul d’altri tempi, Vampire ha un finale corale da brividi. E ne abbiamo citate solo la metà. Considerati anche gli exploit del gruppo principale, se l’uomo non è in stato di grazia poco ci manca.
(da Rumore n.208)
Vedi anche:
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