25/03/14

Tripadvisor lo segnala?



Leggo su La Stampa di qualche giorno fa.
Prima reazione: minchia, pensa se fosse stato il più brutto.
Seconda: temo che purtroppo chi scrive abbia ragione, e che un centro di accoglienza senza letti, acqua potabile e cucina (ma che "sembra un agriturismo", giusto per fomentare un altro po' chi casca o non vede l'ora di cascare in bufale a cadenza regolare tipo "i nostri figli pagano la materna e per i figli degli stranieri è gratis, "i Rom non devono pagare i mezzi pubblici anzi gli danno duecento euro a testa al mese" e "se uno straniero commette un reato gli danno la metà della pena che danno a un italiano") sia al momento il meglio che si voglia riservare a queste persone.
E che a questa situazione teoricamente di eccezionalità ci sia chiesto di abituarci, come a tante altre normalità che normalità non dovrebbero essere.

10/03/14

Uno non vale uno: argomenti per un possibile futuro valore proporzionale del voto

9.
In presenza di fila indiana anche solo accennata, posta una ipotetica linea retta a questa idealmente sovrapponibile come asse, l'ampiezza dell'angolo creato dalla nostra posizione rispetto a tale asse.

Uno non vale uno: argomenti per un possibile futuro valore proporzionale del voto

8.
Il volume della voce in treno.

07/03/14

Music's not for everyone



Volevo solo dire che io il nuovo album de Le Luci Della Centrale Elettrica purtroppo non l'ho ancora sentito, ma che sono talmente avanti che quello che penso l'ho scritto addirittura nel 2010, dandogli un bell'otto sul numero 226 di Rumore.

Che non solo esce ancora (ne approfitto per rivendicare la paternità della gag vincente di questi giorni, l'ormai memeficata"Ah, ma esce ancora Rumore?"), ma udite udite usciva ancora anche nel 2010. Facile leggerlo oggi, buttare un like qui e una condivisione lì, e Blatto che maestro, e Pecorari che matto, e Baronciani fa sognare, e certo che Lo Mele come direttore. Ma d.o.v.e.c.a.z.z.o.e.r.a.v.a.t.e. nel 2010?

Questo per dire che ve lo incollo qui sotto, cosa ne pensavo nel 2010, quando chissà perché (io lo so ma non lo dico, anzi lo dico dopo) già il secondo album di Brondi vi faceva cagare rispetto al primo e non tiriamo nemmeno in ballo il demo.

Chiamiamoli Anni ADD, come Sindrome da deficit di attenzione, piuttosto: uno dei loro migliori testimonial resterà comunque Vasco Brondi, volente o nolente.
Volente perchè nel suo secondo album - si cita Leo Ferrè: “La disperazione è una forma superiore di critica, per ora noi la chiameremo felicità” - i testi continuano ad essere una tesi attendibile sul disturbo di cui sopra, endemico fra i giovani del sesto Paese al mondo (non in percentuale, in termini assoluti) per numero di account Facebook. Con la lingua svelta e l'arsenale di riferimenti di sempre, Brondi procede per accumulazione di immagini e associazioni di idee, dando vita a piccoli flash in cui convivono storia d'amore, osservazione sociale, poesia alta e scorie basse, più che a una narrazione in senso cantautorale classico. Scambiando due righe di una canzone con due di un'altra, l'impressione è che il prodotto non cambi di molto, perchè non è quello il punto. Conta la potenza immediata del colpo, come se il tempo necessario per aspettare la fine della storia non ci fosse.
Nolente, perchè l'attenzione è volatile anche da parte di chi osserva e basta: “Ci troverai schierati”, canta in Anidride carbonica, e anche se parla d'altro si fa fatica a non immaginare plotoni di sapientoni che si stufano in fretta, pronti a fare fuoco. Plotoni ai quali Vasco, come tutti coloro che scelgono di aprire sentieri, è più esposto. Ma il gioco vale la candela, e converrà diffidare di chi dirà che una volta il tizio gli piaceva e adesso non più, o che il tizio fa sempre la stessa cosa.
Ai primi si potrà rispondere che Per ora noi la chiameremo felicità è superiore a Canzoni da spiaggia deturpata, più maturo sia nella musica e negli arrangiamenti (Stefano Pilia, Enrico Gabrielli e Rodrigo D'Erasmo come backing band non passano inosservati...) sia nelle parole, e che le malinconie gucciniane che punteggiano l'album - con risultati di eccellenza almeno in Quando tornerai dall'estero e L'amore ai tempi dei licenziamenti dei metalmeccanici - sono una possibile evoluzione molto interessante.
Ai secondi che può farla perchè l'ha inventata lui, che pretendere di non sentire cose come “le esalazioni di monossido di carbonio del nostro amore” o “le luci di dicembre delle raffinerie di Ravenna” è legittimo ma forse prematuro, e che - il paragone resti solo statistico, in attesa di diventare casomai anche artistico - persino Dylan ha cominciato con quattro album uguali e ha cominciato a cambiare al quinto.

(Vale anche quanto detto sul secondo James Blake al momento delle classifiche di fine 2013, in sostanza. Questo non lo incollo, nemmeno quel paio di battute acide che fanno ridere.)

Perché sarà anche vero quello che scrive Francesco, che "magari ci tocca accettare che la musica di Le Luci della Centrale Elettrica (...) aveva la data di scadenza corta e noi a sentirla la prima volta pensavamo di no", anzi facciamo che è vero. Ma è anche vero che siamo tutti un po' pigri e prevedibili, parecchio concentrati sull'immagine che di noi vogliamo proiettare e altrettanto timorosi di sembrare vecchi, ancora fermi lì.
Fate un gioco: vedete chi è che sta commentando il nuovo album di Brondi - o qualunque altra cosa possa rientrare nel discorso, tipo i nuovi cantautori italiani o La grande bellezza, o quello di cui tutti parleranno domani - e in base a quello che sapete di costui tirate a indovinare se sarà pro o contro. Poi leggete.

PS - Forse il povero Kurt Cobain si è ucciso anche perché aveva, o temeva un giorno di poter avere, dei fan pronti a incazzarsi a sangue e a urlare al sacrilegio quando qualcuno di meno degno - quindi grossomodo chiunque, a loro modo di vedere - intititola una canzone con il suo nome (parlando nel testo esattamente di questo, tra l'altro, e quindi facendolo del tutto a proposito).
Invece di incazzarsi perché questo qualcuno pronuncia Cart, ad esempio.

04/03/14


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