30/09/02

89. VV.AA. “Northern Soul - Cream Of 60’s Soul” 2001. (2cd nuovo, Burning Airlines, € 10.30).
90. VV.AA. “Northern Soul - Keep The Faith. The Cream Of Rare Soul” 2001. (2cd nuovo, Burning Airlines, € 10.30).
Un caso unico. Un sottogenere musicale che prende il proprio nome non dalla zona dove viene prodotto, ma dalla zona distante migliaia di kilometri dove viene (ri)scoperto e suonato qualche anno dopo. Nel nord dell’Inghilterra nei primi ‘70, appunto, quando dj collezionisti scavano alla ricerca di raro soul americano del decennio precedente, modellato sulle arie pop del migliore Detroit-sound ma eseguito da artisti sottovalutati o perfettamente sconosciuti. Trovati (e pagati sicuramente meno di quanto costerebbero adesso) i singoletti ecco le serate, vere riunioni di outsiders e mods irriducibili in un’epoca ormai lanciata verso il classic rock che più bianco non si può.
Se parte del materiale Motown fu ed è tuttora la punta dell’iceberg del fenomeno Northern Soul, con queste due raccolte doppie si comincia a scavare sul serio. I nomi si fanno per lo più ignoti e la musica perde quella perfezione caratteristica, nel bene e nel male, del marchio di Detroit. Ma acquista in umanità, eccome. Una sensazione di fragilità, di avventura, di vera innocenza pervade queste canzoni, spesso e volentieri hit da qualche centinaio di copie e basta.
Nel primo volume spuntano qua e là nomi famosi, catturati agli inizi di luminose carriere -Bobby Womack, O’Jays, Martha Reeves, i Parliaments non ancora Parliament, Edwin Starr, David Ruffin- mentre nel secondo (Parliaments a parte) si brancola quasi totalmente nel buio del soul più raro -come da titolo- ma non meno esaltante e foriero di scoperte interessantissime, anzi. Prendete “How Good Can It Get” di Jay Lyle come esempio, e provate a stare fermi.
Pessime entrambe le grafiche, le note di “Cream Of 60’s Soul” sono però dettagliate ed estese, ma concentrate sulla storia dei singoli pezzi senza introdurre adeguatamente un movimento del quale tuttora pochi conoscono l’esistenza o sanno individuare i tratti distintivi. Ci prova lo stesso Graham Betts in “Keep The Faith”, riuscendoci in parte ma finendo per interessare più i collezionisti e gli elitisti dei fan in cerca di notizie (peraltro scarsissime, visto il materiale). Insomma, gli standard delle ristampe nel 2002 sono altissimi (citerò fino allo sfinimento Harmless per il soul/funk e Blood & Fire per il reggae), e con questi bisogna confrontarsi cara Burning Airlines. Certo è la musica che conta, e da questo punto di vista i due titoli sono ottimi, ma nel giudizio complessivo anche questo conta.
In entrambi i casi, infine, si poteva tagliare un paio di pezzi e stare negli 80 minuti di un cd invece di farne uscire due da 40 minuti o giù di lì. Ma il formato in fondo è dj-friendly, ed il costo è comunque quello di un singolo cd economico, quindi come non detto.

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