64. The Streets “Original Pirate Material” 2002. (cd nuovo, 679/Warner, € 16.47).
Non so se Mike Skinner a.k.a. The Streets confermerà con il tempo tutto quello che di lui si è detto in occasione di questo debutto, se si rivelerà una meteora o se invece le iperboli spese siano giustificate o persino troppo poche.
Non lo so, ma so che “Original Pirate Material” è un disco importante che non passa inosservato, impregnato di una freschezza rara. Rapping dall’invadente accento cockney, più impetuoso che stiloso, su basi che prendono dal two-step, dal garage, dalla drum’n’bass e dall’hip-hop. Tutto il disco è pervaso da una sorta di malinconia molto britannica, un no future da ultimo treno verso la periferia con le cuffie in testa e le nuvole in cielo, una drammaticità più intuita che manifestata. E da un’eloquio tagliente e torrenziale, purtroppo poco comprensibile fuori dal Regno.
Lui pare un ventitreenne bianco inglese come tanti (appare, in sequenza, con un Mars che esce dal sacchetto della spesa in una stazione di servizio, al pub con birra e sigarette, in casa con caffè e lattine vuote, in macchina con il cellulare, sempre con la stessa faccia stranita), ma non del tutto privo di sentimenti. Come avrebbe potuto altrimenti tirare fuori una struggente serenata urbana come “It’s Too Late”? Se ci si basa sulle assonanze musicali e sulle suggestioni provocate, può essere la “Unfinished Sympathy” dei giorni nostri. Mica poco. E la frase di piano su cui costruisce “Has It Come To This?” allora? E “Let’s Push Things Forward”? E “Weak Become Heroes”?
Forse abbiamo un nuovo Tricky qui. Con calma, il tempo dirà, ma teniamolo d’occhio.
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