Chi mi conosce un po' sa che non ho mai granchè frequentato, né capito, né quindi amato la cosiddetta "mentalità ultras".
Adoro il calcio, sono andato a vedere più volte la mia squadra in curva, e pure in quei settori dove se non canti rischi le botte, e fra un celerino e un ultras sceglierei naturalmente un ultras. Ma insomma, ci siamo intesi. Si tratta di "un mondo che non mi appartiene", come direbbe uno dei protagonisti del mio libro.
Confesserò anzi che uno dei più grossi ostacoli alla mia comprensione di quel mondo è sempre stata l'obiezione più banale che da sempre si sente nei suoi riguardi: "ma tutta quella rabbia, perchè non la usano alle manifestazioni invece che contro i tifosi dell'altra squadra?". Roba da padre di famiglia, lo so.
Oggi però succede una cosa nuova, che trapela fra le maglie di un'informazione che dopo anni di messaggio univoco "ultras:male=polizia:bene" non può tollerarla (un interessantissimo saggio sui media italiani e sul loro procedere per categorie contrapposte invece di informare è Il paese dei buoni e dei cattivi di Federica Sgaggio, che sto leggendo e che consiglio vivamente anche a chi è meno pignolo del sottoscritto).
Cosa?
Che gli ultras non solo prendono parte alle più importanti manifestazioni dei nostri tempi, ma agiscono da "servizio d'ordine" di queste manifestazioni, difendendo dagli attacchi di esercito, polizia e scagnozzi vari la grande maggioranza dei manifestanti, meno o per nulla esperta di scontri di piazza. Succede anche che gli altri manifestanti, che i media piazzano dalla parte dei buoni, non solo non condannino l'operato degli ultras e dei cattivi in genere, ma anzi ne riconoscano l'importanza.
Illuminanti, in tal senso, questo reportage di Al Jazeera English, questo di Bleacher Report e questo del blog Invisible Arabs, incentrati sulla presenza non organizzata ma del tutto attiva in piazza Tahrir, sia a gennaio sia negli scorsi giorni, di ultras (normalmente acerrimi rivali) di Zamalek e Al Ahly, le due squadre più popolari dell'area del Cairo e dell'Egitto intero, e fra le più titolate d'Africa.
Cito dal primo pezzo (neretti miei):
"The Ultras are here. I know that because they’re the only ones facing the CSF with force while singing their hymns," protester Mosa'ab Elshamy wrote on Twitter on the first day of clashes.
Elshamy, a photographer and activist, was in Tahrir when he noticed the arrival of the football fanatics. They had come to confront a police force armed with rubber bullets and tear gas.
"They stayed there in the square almost through 100 hours of fighting," Elshamy said. "It’s easy to notice them because of their use of Molotov cocktails, their extreme courage and recklessness, their chants. They became a common sight."
E ancora:
Elshamy attributed the Egyptian Ultras' willingness to confront security forces with their "long history with police".
That history, said Rabab El-Mahdi, an assistant professor of political science at the American University in Cairo, is due in part to what she called "clear class confrontations".
"Since the Ultras were created, they were always targeted by state security. They are seen as a mob or as hooligans," El-Mahdi said.
"So they developed skills that none of the middle class was forced to develop. Plus they come from backgrounds where such skills are needed on daily basis just as survival mechanisms."
She added that as long as Egypt's security apparatus remained intact, violent confrontations would continue.
"The skills they developed in dealing with police came in very handy and it comes in handy every time there is a direct confrontation," El-Mahdi said.
E ancora, nelle parole di uno degli ultras stessi:
Ultras member Ahmed is also careful to explain that he and his "brothers in blood" do not attack first.
"An Ultra doesn't attack anyone," Ahmed said. "We’re a watchdog for the truth. Any unfairness that we spot, within the state or anywhere, we have to stand up for what is right."
Still, he was steadfast that the Ultras are far from a political group.
"We don't have any political direction. Whenever we go to a strike or a demonstration, we do it on an individual basis. We don't announce it. We are just here as humans. As Egyptians," Ahmed said.
"On Saturday, initially we came individually. But then we found because we have similar beliefs we went straight to the front line and there were our brothers to the left and right. The personality of an Ultra places you at the front line because you are defending a cause."
Non ricorda un po' anche le manifestazioni della nostra Val Susa? Quel video - che purtroppo non trovo - in cui si vede la folla dei manifestanti "pacifici" esultare alla riconquista del cantiere da parte dei cosiddetti "black bloc"? O quell'intervista a una signora anziana che definiva senza mezzi termini quei ragazzi degli "angeli" (e sulla retorica nell'uso del vocabolo da parte dei nostri media ci sarebbe da aprire una parentesi enorme...), perchè sapendo cosa fare in mezzo ai lacrimogeni hanno salvato la vita a decine di persone che li respiravano per la prima volta?
Come la mettiamo, dunque?
1 commento:
Ottimo articolo!!
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