15/12/10
2. MASSIMO VOLUME. Cattive Abitudini (La Tempesta).
Un sogno che diventa ipotesi e quindi realtà. Un percorso partito dalla riunione del 2008 a Torino, e fattosi via via più solido con l'accumularsi di altri concerti, un album dal vivo e la riproposizione integrale del classico Stanze nella loro Bologna, quest'anno. I Massimo Volume – per chi non c'era: noise-rock di matrice sempre più post e testi recitati fra poesia e racconto breve; uno dei gruppi italiani più importanti degli anni '90, e di sempre; l'ultimo o quasi a far genere a sé, e a cambiare vite all'istante facendolo – esistono di nuovo, le prove sono troppe.
La più recente è un album realizzato alla vecchia maniera. Più o meno come lo fu, facendo di necessità virtù da bravi fuorisede, il caro vecchio Stanze di cui sopra, nel 1993: registrazione dal vivo in studio, tutti insieme, su un otto tracce analogico; missaggio su un due tracce a bobine. Niente computer. Lo scenario migliore per apprezzare di nuovo la determinazione feroce dei Massimo Volume d'annata, la coesione di una macchina oliata come e più di allora, e l'eccellenza della nuova formazione, nella quale brilla da quella sera torinese anche Stefano Pilia, giovane asso della scena sperimentale internazionale.
Lo sconto al vertice fra la sua chitarra e quella di Egle Sommacal è uno spettacolo elettrizzante. L'incognita era lì, nella coesistenza dei due talenti e nella fruttuosità del loro incontro. La creatività ritmica di Vittoria Burattini e la scarna potenza del basso di Emidio Clementi le ricordavamo, così come naturalmente ricordavamo – sembra davvero la più superflua delle precisazioni – le parole dello stesso Mimì.
Cominciassimo a citare non finiremmo più e rovineremmo la sorpresa. Ma raramente sono sembrate così organiche, così poco appoggiate sopra la musica. Che dal canto suo non sarà nuovissima in senso assoluto, ma è fresca e vibrante in senso relativo. E non solo: cose solari come La bellezza violata i Massimo Volume non le hanno mai fatte; i cori senza parole che sollevano gli otto minuti ipnotici di Mi piacerebbe ogni tanto averti qui, poi! Fausto è splendida musicalmente, ma testo ed enfasi sono manna per chi non ama quelle che Clementi stesso chiama “clementate”. Compensa Litio, urgente e tormentata, 3'34” brucianti che vanno dritti fra gli inni del gruppo: Stanze vent'anni dopo, in ogni senso. “Leo, è questo che siamo?” senza punto interrogativo. Fuoco per nulla fatuo.
(Rolling Stone n. 84)
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4 commenti:
Mi è arrivato il libro...adesso aspetto l'album...fantastico, sarà un piacere trascorrere in ottima compagnia queste feste.
Ciao e ...abbestia
grazie!
Perché non fai una lista dei dischi roots reggae che ti piacciono di più? "Pick Up The Pieces" degli Royals lo acquistai dopo averne letto qui.
Grazie e ciao ancora.
non amo molto compilare classifiche in realtà, e non mi riesce neanche troppo bene... però non è una cattiva idea! :)
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