09/05/03
25. Pigbag Favourite Things
(Y/Ricordi 1983, lp nuovo, € 5.00)
26. Pigbag Lend An Ear
(Y/Ricordi 1983, lp nuovo, € 5.00)
In fondo alla stanza, ecco invece il resto del vinile. È sparso tra scaffali a muro, uno scaffale centrale e un po’ di mensole che si arrampicano sulla parete. Comincio a rovistare e titoli familiari saltano fuori. Dischi che già ho (alla sensazione stranissima di questi particolari momenti bisognerebbe dedicare un altro paragrafo almeno… quando trovi dischi che già hai, nell’usato soprattutto, è come un preavviso che qualcosa d’altro arriverà, una conferma ed una speranza insieme…), dischi che ho registrati su cassetta e dischi di cui ricordo le recensioni ma che non ho mai preso, perlopiù roba indipendente inglese degli ’80. Il tutto, sarà bene ricordarlo, in mezzo alla merda. Il tutto a cinque euro al pezzo. Perché quel disco della Creation che ora non ricordo (Jasmine Minks, mi pare) e Liberty Belle And The Black Diamond Express dei Go-Betweens siano rimasti lì invece di tornare a casa con me non lo so, ma le mensole forse hanno la risposta. Il tempo stringe, e riesco a guardare solo l’unica raggiungibile senza ausilio di sedie o scale. Due album dei Pigbag ancora nel cellophane possono bastare? Stampa italiana Ricordi, vabbè… ma almeno all’epoca la Ricordi stampava in Italia i dischi dei Pigbag!
Chi erano? Sciolto il Pop Group, il bassista Simon Underwood forma i suddetti ed enfatizza il lato black e danzereccio della faccenda, con risultati sì debitori del passato ma anche più smaccatamente orecchiabili. Papa’s Got A Brand New Pigbag è il primo singolo successo più grosso, e non c’è da stupirsi: ritmo incalzante, frase di fiati memorabile, inserti schizzati di elettronica e fiati solisti, break percussivi frenetici. Buona parte del suono On-U nasce anche qui, per capirci. L’eccellente raccolta Favourite Things, in mancanza del 12”, è l’unica maniera per ascoltarla in tutto il suo splendore, insieme ad altre chicche uscite solo su singolo e a qualche brano edito su album.
Apre le danze Getting Up, dal primo lp, e le coordinate sono sempre quelle anche per Sunny Day, secondo singolo qui in versione estesa da 12” e Hit The ‘O’ Deck, con i toni jazz della voce di Angela Jaeger. Six Of One ne era il retro, e si dilata in direzione dub. La breve One Way Ticket To Cubesville chiude la facciata, assai jazzata. Sul retro, oltre al citato masterpiece, due altri brani dal primo album (Brazil Nuts e Wiggling) ed una versione 12” del singolo The Big Bean: eccitanti schegge afrobeat, percussioni vorticose e scansioni funk-dance nell’Inghilterra pop-wave dei primi ’80.
Se Favourite Things raggiunge come detto livelli notevoli, altrettanto non si può dire di Lend An Ear, secondo album della band. Di Hit The ‘O’ Deck e One Way Ticket To Cubesville abbiamo già detto, così come dell’ingresso in formazione della cantante Angela Jaeger. L’ispirazione dei primi singoli sembra calata, ed emergono spinte verso una maggiore orecchiabilità che rendono anonimo e un po’ spompato il tutto. C’è anche del buono, per carità. Weak At The Knees è la consueta jam strumentale tipicamente Pigbag. Ubud lo sarebbe pure lei, se non si perdesse per strada nei suoi eccessivi sette minuti e mezzo. Ma l’album nella sua interezza risulta molto meno interessante e molto più palloso di quello che sarebbe stato lecito aspettarsi. Peccato per l’inizio tagliente e molto white-funk di Jump The Line, poi annaquato strada facendo.
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