06/05/03
24. The Byrds The Notorious Byrd Brothers
(Columbia 1968/1997, cd nuovo, € 7.50)
Non è mai troppo tardi. All’ennesimo weekend sulla riviera ligure, scopro che la via pedonale sotto casa della morosa nasconde un negozio di dischi. Oddio, negozio di dischi forse è una parola grossa… diciamo che tra le pellicole fotografiche e le cazzate ci sono anche gli ultimi cd dei Linkin Park e Giorgia (il cui singolo più recente va peraltro considerato una delle migliori pagine del pop italiano degli ultimi anni, insieme a Luce (Tramonto A Nord-Est) di Elisa, ovviamente. Altre? La Mia Signorina di Neffa, La Descrizione Di Un Attimo dei Tiromancino e Non Mi Basta (Monologo) dei Madreblu almeno). Quello che attira la mia attenzione è uno scaffale di vinili smarzissimi in offerta messo fuori sul marciapiede. Lo frugo, e in mezzo alla merda qualcosa mi dice che potrebbe spuntare il fiore. Si entra, e si comincia con un bel mobiletto di cd a prezzi quasi stracciati, incluso il suddetto titolo dei Byrds.
È il quinto album della band californiana, il primo dopo la storica quadrilogia iniziale ed il primo anche senza Gene Clark. Ma anche un disco cominciato in quattro e finito in due, con David Crosby e Michael Clarke che se ne andranno durante le registrazioni rendendo il gruppo di fatto un duo Roger McGuinn/Chris Hillman. Vi ricordate cosa dissi a proposito di David Axelrod (archivio luglio 2001) e di quanto la sua musica mi comunicasse sopra ogni cosa un senso di classicità e di perfezione? Beh, per i Byrds vale più o meno lo stesso discorso, e lascio a chi ha tempo l’analisi della provenienza californiana di entrambi i nomi. I Byrds mi danno un senso di serenità, se vogliamo, ed è ancora più interessante il fatto che si tratti di una band dilaniata dalle tensioni. Ma quello che chi ascolta percepisce è solo suo, no? in questo quinto album non troviamo i folk-rockers cristallini di Mr. Tambourine Man e Turn! Turn! Turn!, e nemmeno quelli che cominciavano a sperimentare e viaggiare in Fifth Dimension (vedi archivio aprile 2003) e Younger Than Yesterday. Diciamo che ne troviamo un compendio, con in più una ricerca pop ambiziosa, barocca e senza limiti. E The Notorious Byrd Brothers è un altro album da avere, dai fiati e dagli effetti di Artificial Energy all'ibrido folk-spaziale di Space Odyssey. Dappertutto, melodie splendide e soluzioni strumentali perfette tra il passato e il futuro: Draft Morning e l’incubo della guerra in Vietnam, Tribal Gathering e il sogno hippie, Goin’ Back e l’infanzia. Eccetera eccetera.
Tra i sei bonus, suona un po’ ingenuo il tentativo di fondere musica indiana ed elettronica vintage di Moog Raga, mentre brilla la versione originale di Triad, gemma flemmatica firmata Crosby che il contenuto all’epoca scottante (un triangolo amoroso) contribuì forse ad escludere dalla tracklist, e che l’autore in rotta di collisione con i suoi soci donò quindi ai Jefferson Airplane. Illuminante la lunga ghost track: la band in studio scazza irrimediabilmente cercando di cominciare un pezzo e il produttore Gary Usher cerca di mantenere calma la situazione.
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