156. Avail “Front Porch Stories” 2002. (cd nuovo, Fat Wreck Chords, € 18.00).
È uno strano e maledetto caso quello che mi porta a parlare del nuovo album degli Avail –l’ultimo disco da me acquistato nel 2002- proprio in questi giorni, funestati dalla terribile notizia che qualche giorno fa come me avrà scosso tutti coloro che animavano o semplicemente frequentavano la scena hardcore-punk degli anni ’90. Una scena profondamente diversa da quella attuale, ammesso e non concesso che la stragrande maggioranza dei suoi partecipanti odierni non si vergogni a chiamarla tale, preferendo usare termini assai più in voga e molto più cool quali rock’n’roll o indie. Una scena in cui bastava un’occhiata per riconoscere nello sconosciuto un fratello. Pibe era giovanissimo, ma c’era eccome. Ed era uno di noi. Ecco, forse non è del tutto un caso. Per ragioni pubbliche e private insieme.
Ragioni pubbliche perché gli anni in cui conobbi Pibe e le cose che faceva sono gli stessi anni in cui gli Avail vennero in Italia per tre volte e il sottoscritto organizzò i loro concerti, concerti bellissimi e completamente estranei a un circuito commerciale che di lì a poco avrebbe cominciato a rovistare in casa nostra e che non avrebbe risparmiato nemmeno gli Avail stessi. Guadagnarono forse qualche lira di meno, i nostri amici di Richmond, ma vissero le cose vere, strinsero rapporti, furono presenti in un momento in cui, per me e spero per tanti altri, la sensazione di partecipare a qualcosa di forte fu netta e precisa. Chi c’era sicuramente capirà di cosa sto parlando. Chi mi conosce sa che considero la nostalgia l’antitesi del punk, ma per questa volta perdonatemi. Non ha a che fare con computer e cellulari, o ne ha in minima parte. Ha a che fare piuttosto con il rischio, la necessità, la voglia.
Ragioni private perché, se la memoria non mi tradisce, la prima volta che vidi Pibe di persona dopo contatti postali fu proprio a un concerto degli Avail. Uno di quei concerti che non dimenticherò mai.
Anche per questo, non appena ho saputo che era in uscita un nuovo cd della band, a quasi tre anni di distanza dal precedente e poco convincente “One Wrench”, mi sono precipitato a prenotarlo. Perché li ho tutti, perché con gli Avail ho vissuto momenti per me fondamentali, e perché in cuor mio temevo che una storia ormai bordeggiante pericolosamente con la routine fosse giunta al termine. L’inizio di “Front Porch Stories”, invece, mi smentisce in maniera clamorosa. Non saranno più la cosa indispensabile del 1994 e del 1996, il gruppo che unisce tutti, ma “Black And Red”, “Blue Times Two” e “West Wye” mi hanno ricordato quegli Avail, e mi è bastato. Poi il disco cala leggermente, cerca strade nuove (più melodia, più feeling sudista) per un sound ormai scolpito nella pietra e ci riesce forse solo in parte, ma va bene così. Va bene lo stesso.
Grandi Avail, grande Pibe, grandi Antisgammo, grandi tutti noi.
Fanculo, merda.
“No time for rest no
Rise
When it happens friend
No, don’t let them break you
Rise
No matter what they say
No, don’t let them break you”
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