18/01/03

143. Tragedy “Can We Call This Life?” 2002. (7” nuovo, Tragedy, € 3.00).
Due chitarre, due casse Marshall per ciascuna chitarra, volumi allucinanti. Ci sanguinavano le orecchie quando uscimmo nel cortiletto della casa occupata, appena finito il concerto. Tre di loro erano gli His Hero Is Gone, fondamentali. Ripeto, fondamentali. Tre di loro e un quarto che stava nei From Ashes Rise (anche loro da non farsi scappare) sono ora i Tragedy. Che rispetto agli His Hero Is Gone hanno rallentato un po’ e dato una sterzata decisa verso territori crust con sprazzi di oi (e non a caso dal vivo coverizzano i Blitz), ma con progressioni chitarristiche super melodiche (quasi Bad Religion). La voce è il solito urlo e l’immaginario è sempre quello da declino della società occidentale. Con questi tre brani si attende il secondo album, ma l’effetto-nostalgia rischia di fare capolino.

144. Q And Not U “Different Damage” 2002. (cd nuovo, Dischord, € 10.00).
Non di solo passato vive la Dischord, chi la conosce lo sa. Se il box antologico di cui diciamo altrove è cruciale, il presente lo è di più: in esso sta da sempre la ragion d’essere dell’etichetta di Washington, e se qui ed ora ci sono i Q And Not U, come darle torto? “Different Damage” li consacra campioni, enfatizzando le potenzialità melodiche intraviste in “No Kill no Beep Beep” (per chi scrive nella top ten Dischord di sempre) e scarnificandone contemporaneamente l’impianto sonoro, complice la dipartita del bassista Matt Borlik.
I rimanenti John Davis, Harris Klahr e Chris Richards, più maturi e ancora di più disposti ad osare, guardano verso l’Inghilterra di 20 anni fa e ne escono con qualcosa che è loro soltanto. Quando tirano il fiato (“Snow Pattern”), subito si lasciano andare in entusiasmanti sfuriate pop-wave da due minuti (“Everybody Ruins”, una “When the Lines Go Down” che tanto sarebbe piaciuta ai primi Cure). L’uno/due iniziale, con il dub giocattolo di “Soft Pyramids” ad impennarsi nell’adrenalinica “So Many Animal Calls”, è istantanea attendibile di un grande album, costruito su ritmi tribali irresistibili e melodie sghembe ma immediate.

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