Soul Food va in vacanza, fratelli e sorelle.
La prima vera vacanza degna di essere definita tale da tre anni circa a questa parte. In attesa di risentirci intorno ai primi di settembre dopo qualche settimana di vip-watching, un aggiornamento più corposo del solito.
Aloha!
67. Yabby You “Dub It To the Top 1976-1979” 2002. (cd nuovo, Blood And Fire, € 20.66).
Premessa: un appassionato di reggae non può dirsi tale se non conosce Vivian “Yabby You” Jackson. Avete guardato oltre Bob Marley e Peter Tosh ed avete scoperto King Tubby, Lee Perry ed Augustus Pablo. Bene. Ora zoomate ulteriormente.
Seconda premessa: “Jesus Dread”, doppio edito sempre da Blood & Fire, è una delle pietre miliari del reggae tutto ed è l’episodio indispensabile nella sua discografia. Fiati tonanti, carica mistica impressionante, pathos puro. Non comincio nemmeno a parlarne in modo approfondito altrimenti ci passo quel che resta della giornata. Se vi fidate di me, non andate a dormire stasera senza averlo trovato.
“Dub It To the Top 1976-1979”: non è “Jesus Dread”, il primo pensiero che emerge è questo. Yabby è cresciuto, e si dedica all’attività di produttore più che a quella di interprete. Il giovane Michael Prophet è una delle sue scoperte: con lui realizza due album, sviluppandone il materiale in tre ulteriori set dub. Questo è uno, uscito originariamente nel 1977 con il titolo di “Yabby You Meets Michael Prophet: Vocal & Dub” e qui arricchito da ben otto brani lati b di singoli dell’epoca.
Lo stile è più fluido rispetto agli esordi documentati nel suddetto doppio, meno aspro e più attento ai dettami dancehall della seconda metà del decennio. I ritmi drammatici ed immediati che lo hanno reso un colosso del roots & culture (degnamente applicati nel contemporaneo “Shanty Town Determination” del deejay Trinity, anch’esso ristampato da Blood & Fire con aggiunte) quasi non si scorgono, l’urgenza militante lascia il posto ad una maggiore consapevolezza dei propri mezzi. King Tubby e Prince Jammy, tanto per cambiare, si occupano di pulsanti e cursori come meglio non potrebbero, ed arrivano dal solido album originale così come dalle b-sides gli episodi migliori. Nel primo gruppo spiccano “Warn Them Jah Dub”, “Conscious Man Dub”, il maestoso “Tribal War Dub” finale e “Zambia Dub” con intervento in toasting di Jah Walton. Nel secondo una colossale “No Tarry Yah Version” sul ritmo di “Man Next Door” (John Holt, ma anche Dennis Brown e Horace Andy con Massive Attack) rirpeso da Tony Tuff in “Warrior No Tarry Yah”. Ma anche “Vengeance In Dub”, sul leggendario ritmo di “Jah Vengeance” rivisto in chiave steppers da Ranking Trevor, non scherza.
Meravigliosa ancora una volta la veste grafica, resta solo un piccolo dubbio: perché rimescolare la tracklist originale?
68. Cat Power “The Covers Record” 2000. (cd nuovo, Matador, € 8.34).
Si comincia meravigliosamente, con la più strana cover di “(I Can’t Get No) Satisfaction” mai sentita. È lei, è sicuramente lei… ma come cazzo ha fatto a pensare di farla in questo modo, lasciando da parte il celebre ritornello ed esaltando la strofa oltre ogni dire. Da antologia. Peccato che il resto del disco, per 11/12 composto da cover come da titolo, non sia all’altezza di cotanto incipit. Ma sarebbe stato molto difficile.
Termine di paragone del cantautorato indie moderno, Chan Marshall si accompagna solo con una chitarra o un pianoforte, mettendo mano ad una serie di brani (Dylan, Nina Simone, Velvet Underground, Smog, Moby Grape, un paio di traditional ed altro) e facendoli propri, ridotti ai minimi termini e da lì ricostruiti. La sua voce fragile ed evocativa ben si sposa al materiale, producendo un folk notturno e minimale, più rilassato rispetto ai dischi passati. Il tutto suona però troppo uniforme, e se i brani presi uno ad uno possono piacere (niente male “Troubled Waters” di Michael Hurley, “Naked If I Want To” dei Moby Grape, “Wild Is The Wind” di Nina Simone e “Paths Of Victory di Bob Dylan), tutti insieme rischiano di annoiare se il momento non è esattamente quello giusto.
Per fans, ma quella cover potrebbe anche bastare da sola.
69. VV.AA. “Mod Fave Raves Vol 1” 2001. (cd nuovo, Spectrum, € 0.67).
70. VV.AA. “Mod Fave Raves Vol 2” 2001. (cd nuovo, Spectrum, € 0.67).
Premessa: avrete forse notato la comparsa, nei negozi di dischi più o meno grossi e non particolarmente specializzati in roba indie, di una vagonata di titoli allo stracciatissimo prezzo di 5 euro l’uno. Comprensibilmente, vista la qualità quasi sempre bassissima delle raccolte ultra low-price, non vi sarete fidati e sarete passati oltre. Ebbene, siete ancora in tempo per ripensarci e correre al megastore, perché il materiale scotta.
Trattasi infatti per la maggior parte di uscite Spectrum, sottoetichetta della major Universal creata proprio per dedicarsi al settore economico. Ma quello che ci interessa è che Universal a quanto pare è proprietaria del leggendario marchio Tamla Motown, sicurezza assoluta se parliamo di soul e rhythm’n’blues. Il fatto che a metterci nome e faccia sia una major, poi, garantisce una cura del prodotto finito quasi pari a quella apprtezzata nelle migliori ristampe indie. Ecco quindi raccolte assemblate con competenza e gusto, belle confezioni, note non kilometriche ma interessanti comunque e musica da urlo. Il tutto, conviene ripeterlo, a 5 euro.
Per cominciare, due volumi che focalizzano l’attenzione su quel suono prodotto verso la metà degli anni ’60 a Detroit e così caro al movimento Mod inglese. Più raffinato e contaminato dal pop rispetto al contemporaneo sound prodotto a Memphis sotto l’egida della Stax, ma ugualmente trascinante ed adrenalinico, lo stile della Motown conquistò infatti neri e bianchi alla stessa maniera, e trovò in Inghilterra (Tamla Motown era il marchio sotto il quale nel Regno Unito uscivano dischi pubblicati in patria come Gordy, Soul, VIP ed appunto Motown e Tamla) una popolarità strepitosa.
Ognuno dei due cd compila venti “Modernist Soul Classics” come da sottotitolo, e le due tracklist basterebbero da sole a farvi infilare le prime ciabatte in vista e correre fuori. Ci sono i girl-groups e i gruppi vocali maschili, gli strumentali che faranno da fondamenta all’acid-jazz e i solisti di grido. Nomi come Marvin Gaye, Martha Reeves & The Vandellas, Gladys Knight & The Pips, The Four Tops, The Temptations, The Isley Brothers, The Supremes, Stevie Wonder e seconde linee seconde a nessuno come The Marvelettes, Kim Weston, Barbara McNair, Junior Walker & The Allstars, Chris Clark, Earl Van Dyke, The Velvelettes, Detroit Spinners, The Contours, Brenda Holloway ed altri. Inutile consigliare un disco piuttosto che l’altro, vanno presi tutti e due e sparati al massimo volume appena tornati a casa. Ballare, ballare, ballare. E non scordateveli al prossimo party: sarete il dj. Basta che vi ricordiate di mettere il secondo cd quando il primo finisce.
Post Scriptum – Nota relativa a questi dischi e alla prossima dozzina circa: non li ho effettivamente pagati 67 centesimi l’uno o quant'altro. Trattasi di linea economicissima della Universal a 5 euro il pezzo, in lethal combination con una raccolta bollini terminata presso il Ricordi Mediastore di fiducia. Capirete la mia reazione con 45 euro da spendere e uno scaffale intero pieno (anche) di gemme Motown della prima ora…
71. VV.AA. “Motown Chartbusters Volume 4” 1997. (cd nuovo, Spectrum, € 0.67).
72. VV.AA. “Motown Chartbusters Volume 5” 1997. (cd nuovo, Spectrum, € 0.67).
73. VV.AA. “Motown Chartbusters Volume 6” 1997. (cd nuovo, Spectrum, € 0.67).
Dice tutto il titolo: questo è il marchio madre Motown americano, e questi sono i grandi nomi che lo hanno reso universalmente leggendario. Come già detto, è black-music spesso al confine con il pop e piuttosto sbiancata rispetto a quella che nello stesso periodo usciva da Memphis, Chicago, Los Angeles, New Orleans o New York. Molti archi e molte belle voci, poco sudore e rari anche i contenuti sociali e politici, con qualche eccezione. Uomo avvisato mezzo salvato, quindi, ma restano pagine fondamentali nella storia della musica popolare.
Nel volume 4 grande l’apertura da parte dei giovanissimi Jackson 5, grezzi e carichi come pochi in “I Want You Back” così come in “A B C” più avanti. Sempre affascinanti i duetti Marvin Gaye/Tammi Terrell. Incommensurabili i Temptations di “I Can’t Get Next to You” e dell’apoteosi funk “Cloud Nine”, ma ne parleremo più in là.
Nel volume 5 menzione speciale per l’inno pacifista “War” di Edwin Starr e per “Tears Of A Clown” di Smokey Robinson & The Miracles, ma non sono da meno Stevie Wonder con “Heaven Help Us All” e “Signed, Sealed, Delivered I’m Yours” soprattutto, Jimmy Ruffin con “It’s Wonderful (To Be Loved By You)” ed i Detriot Spinners con “It’s A Shame”. Incommensurabili i Temptations di “Ball Of Confusion (That’s What The World Is Today)”, ma ne parleremo più in là.
Nel volume 6 (il migliore dei tre, copertina a parte…), di nuovo Supremes e Temptations in combinazione per “River Deep Mountain High”, una pimpante “We Can Work It Out” beatlesiana firmata Stevie Wonder, Supremes e Velvelettes in buona forma ed Elgins non da meno, Four Tops e Jackson 5 scatenati, Smokey Robinson & The Miracles frizzanti in “(Come Round Here) I’m The One You Need”. Non al massimo della gradazione funk che erano capaci di raggiungere all’epoca i Temptations, ma pur sempre i Temptations. E come avrete capito ne parleremo più in là. Voi intanto portatevi avanti col lavoro e cercate A TUTTI I COSTI “Psychedelic Soul”, sempre a 5 euro per Spectrum.
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