Fra i
tantissimi commenti letti e sentiti sul lato artistico
del #concertone del Primo Maggio a Roma, ne
azzardo uno che non saprei se riferire al lato politico della
manifestazione, o alla sua rappresentazione sui media di stato. E
proprio qui sta il punto.
Il fatto: non
ho seguito tutto il concerto alla televisione, ma un bel pezzo, e per
tutto il tempo non si è vista una sola bandiera No Tav.
(Anzi, una sì,
arrotolata a foulard al collo del cantante degli ...A Toys Orchestra,
che evidentemente non se l'è sentita di aprirla, e l'ha lasciata lì
come un suggerimento caduto presumibilmente nel vuoto. Sulle ragioni,
sarebbe interessante sentire lui o qualcun altro di quelli saliti sul
palco: vi ricordate di quanto successo lo scorso anno, con la famosa liberatoria? Ci risiamo forse?)
Ora,
magari sono solo io che sento le voci, se esagero fermatemi.
Non
ricordo se negli anni scorsi se ne fossero viste o no, ma opterei per
il sì. Da sempre la piazza del Primo Maggio pullula di bandiere di
ogni genere, soprattutto se legate a qualche causa importante e in
qualche maniera vissuta come propria dal popolo
del #concertone.
La Palestina, l'Irlanda, Cuba, la Sardegna (non ridete, i quattro
mori spunteranno pure a ogni cazzo di concerto con più di
cinquecento persone, ma quella sarda è una causa importante e non
troverete certo su questo blog persone disposte a prenderla come uno
scherzo), il Tibet, il ponte sullo Stretto, giù giù fino alle
cazzate.Quest'anno tutto come sempre, ma nessuna bandiera No Tav.
Fatto strano, vista l'importanza che l'argomento ha avuto sui media nazionali negli ultimi mesi, e vista - qui entriamo nel campo delle ipotesi, certo, ma mi pare un'ipotesi legittima... - la sua convergenza abbastanza naturale con i sentimenti di giustizia, ecologia, libertà di espressione, legittimità del dissenso, rifiuto degli sprechi di denaro pubblico, denuncia delle violenze delle forse dell'ordine e quant'altro che dovrebbero animare il suddetto popolo del #concertone.
Il che lascia spazio a due scenari.
Uno ben poco sorprendente, purtroppo: la conferma della censura e della manipolazione delle notizie in atto sui maggiori media italiani e sulla televisione di stato in primis. Le bandiere No Tav c'erano, in sostanza, ma la regia semplicemente non le inquadrava.
Un altro invece molto più nuovo e preoccupante: le bandiere davvero non c'erano. Ovvero, l'avvenuta trasformazione di quella battaglia in qualcosa che sporca irrimediabilmente le mani di chi la tocca, tanto da rendere diffidenti - oltre ai musicisti da Primo Maggio, di solito molto lesti a innalzare bandiere di qualunque genere - persino le centinaia di migliaia di giovani affamati di giuste cause che ogni anno affollano piazza San Giovanni. Tirare fuori quella bandiera adesso, dopo la radicalizzazione della faccenda operata da media e forze dell'ordine in deadly combination, significa stare con i violenti. Significa politica a una gradazione troppo alta.
Il che a casa mia, sia vero un caso o l'altro, ha l'aria dell'ennesima prova di come questa cosa sia troppo importante per i suoi fautori. Un'importanza sospetta, quasi sufficiente da sola per dichiararsi contrari, anche senza aver letto i milioni di dati prodotti dal movimento No Tav e mai contestati seriamente dalla controparte.
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