Perdonate la digressione in argomenti faceti, nei giorni tristi di Oslo e di Amy Winehouse.
Sono state inaugurate oggi a Monza le sedi distaccate, o cosa diavolo sono, di quattro ministeri. Ammettiamo per un attimo che la faccenda dello spostamento di qualche ministero sia una cosa seria, necessaria e motivata; è difficile, lo so, ma vi assicuro che la simulazione dura poco.
Uno si aspetterebbe che a Monza e più in generale in Lombardia venissero spostati ministeri che hanno a che fare con il territorio in questione, scelti in base alle sue peculiarità. Che so, quello dello Sviluppo Economico ad esempio, i quello del Lavoro, visto che da una vita ci martellano con Milano capitale economica e locomotore del Paese; quello di Infrastrutture e Trasporti o quello delle Politiche Europee, vista la vicinanza con l'Europa che conta. O quello di Economia e Finanze, naturalmente.
E invece no, si decide su base etnica.
A Monza che ministeri ci vanno? Quelli di quattro ministri lombardi, fra i quali due dei tre ministri leghisti. Che infatti festeggiano come avessero aperto una sede della Lega, e al loro popolo vendono la baracconata come conquista epocale.
La sensazione è che se Brambilla fosse stata ministro della Difesa, Bossi dei Beni Culturali, Calderoli delle Pari Opportunità e Tremonti della Gioventù, a Monza ci sarebbero andati comunque sempre loro.
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