30/12/02

135. The Who “My Generation - Deluxe Edition” 2002. (dcd nuovo, MCA, € 23.79).
Maximum R&B!!! Sono gli Who degli inizi, giovanissimi e rumorosissimi. Hanno visi che fanno tenerezza, suonano con il fuoco dentro e l’abbandono di chi non guarda in faccia nessuno. Le cover ne svelano gli ascolti assolutamente black (il James Brown di “Please, Please, Please”, “I Don’t Mind” e “Shout And Shimmy”, la Motown di “Motoring” e “(Love Is Like A Heat Wave)”, il Bo Diddley di “I’m A Man”, “Leaving Here” e “Daddy Rolling Stone”), mentre i brani originali sono già peculiari. I singoli fanno parte della stroria del rock, di quella cerchia di brani di default per l’appassionato: il balbettio della title-track, l’attacco di “The Kids Are Alright”, la struttura quadrata di “I Can’t Explain”, le armonie vocali di di “Circles”, i feedback di “Anyway, Anyhow, Anywhere”. Ma che sorpresa il resto! “La-La-La Lies”, “Much Too Much”, “A Legal Matter” e “Instant Party Mixture” sono notevoli, e “The Good’s Gone” è grande!
Detto della musica, però, tocca dire anche della “Deluxe Edition” che finalmente rende gloria a un album che per problemi legali era sempre stato escluso dalle ristampe. Ci sono i brani originali e ce ne sono altri diciassette, addirittura.
Davvero spettacolosa la veste grafica, con foto d’epoca a bizzeffe e note precisissime (ma dedicate più ai fatti che ai commenti… non avrebbe guastato un mini-saggio sull’importanza e la specificità degli Who in quel periodo). Meno esaustiva -tanto più trattandosi della prima vera ristampa del disco dopo decenni, presentata come definitiva e con ben due cd a disposizione- risulta invece la scaletta. Viene in nostro aiuto il recensore di All Music Guide per mettere le cose al loro posto. Io sottoscrivo, e ribadisco che escludere l’originale di “Anyway, Anyhow, Anywhere” sbagliandone il titolo e perdere la chitarra nel break di “My Generation” sono pecche non da poco ed evitabili. Che non devono però farvi desistere dall’acquisto, sia chiaro.

136. Heatmiser - s/t - 1993. (7” usato, Cavity Search, € 3.00).
L’amico Paul visita l’Italia per l’ennesima volta al seguito del solito gruppo strafigo che se lo accaparra come tour manager. Ci sono periodi in cui vedo più spesso lui di amici che vivono a pochi kilometri di distanza. Si parla di questo e di quello (principalmente di reggae e di retroscena indie/postpunk) e se si è fortunati ha nuove foto. Oppure dischi da vendere.
Nell’indifferenza generale degli under-25, ovvero la quasi totalità dei presenti, scorgo un singolo degli Heatmiser che ha tutta l’aria di essere il primo singolo degli Heatmiser, e tra urla scomposte me lo compro. Perché alla chitarra c’è Elliott Smith, anni prima che diventasse l’Elliott Smith che tutti conosciamo e (spero per voi) amiamo. Che poi si tratti sostanzialmente di tre pezzi di grunge-pop inutile poco conta. Gli Heatmiser daranno il meglio a fine corsa, con l’ottimo “Mic City Sons” (Caroline, 1996) e con l’affacciarsi del magico Elliott dalle parti del microfono. Sam Coomes formerà i Quasi, Tony Lash diventerà un produttore (Dandy Warhols, Death Cab For Cutie), Neil Gust formerà i No. 2 (un album su Chainsaw, chi ce l’ha?) e Elliott… beh Elliott…

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