129. Damien Jurado “Four Songs” 2002. (12” nuovo, Burnt Toast Vinyl, € 8.00).
Per me, fondamentalista cristiano o meno, Damien Jurado sarà sempre la firma sotto il meraviglioso “Rehearsals For Departure” (Sub Pop, 1999): canzoni come “Letters And Drawings”, “Ohio”, “Tornado”, “Love The Same” e “Honey Baby” fanno ormai parte del mio corredo genetico, ed il solo nominarle provoca in me un certo struggimento. Già è bello leggere una recensione del disco e di un concerto del suo autore, uscire con la ferma determinazione di comprarlo usato ed effettivamente trovarlo usato. Se poi il disco è bello pure lui, allora è il massimo. Se poi lo si ascolta in cuffia seduti su un Greyhound che ci riporta a casa (scusate la banalità, ma davvero così è successo), allora è davvero un cerchio che si chiude. Ecco, se quello di quella mattina sull’autobus che da Richmond andava a Baltimore fosse stato l’unico mio ascolto di “Rehearsals For Departure”, mi ricorderei tutte le canzoni ugualmente. E se anche quell’album fosse la sua unica testimonianza, Damien Jurado starebbe ugualmente ai primi posti tra i miei cantautori del cuore.
Registrate nelle stesse sessions dell’ultimo “I Break Chaits”, queste “Four Songs” vedono la luce in curiosa veste vinilica. Da un lato la musica. Dall’altro, incise sul vinile, una illustrazione di Jeremy Dybash ed una storia breve di Adam Voith.
La musica, dicevamo. “Spitting Teeth” e “How I Broke My Legs” (allegria!) sono tutte e due interamente acustiche, la voce così particolare e fragile di Damien in primissimo piano. “The Killer” aumenta il ritmo ed aggiunge una band alla tipica melodia alla Jurado, quindi malinconica e forte. “Flowers In the Yard” chiude nuovamente soffusa, fino al solco incantato finale.
Non fondamentale, ma se amate Damien dovete sbattervi per cercarlo.
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