f5. “Ombre Rosse” di John Ford, 1939. (AMG).
La prima (parzialissima, per carità) delusione dell’anno arriva, chi l’avrebbe mai detto, da un classico dei classici, famoso per milioni di ragioni.
Delle due più sentite vi dico che sono, appunto, ragioni: la celeberrima scena dell’inseguimento pellerossa alla diligenza con macchina da presa in movimento a velocità forsennata è splendida. John Wayne dal canto suo (per quanto nazi potesse essere) si staglia. Ed è anche vero che il messaggio è positivo ed inedito per i tempi (gli eroi della vicenda sono un pistolero ricercato, una prostituta e un ubriacone, alla faccia della gente perbene), ma il film in sé porta malino i suoi anni e delude le mie aspattative di trovarmi di fronte ad un Capolavoro.
Un Capolavoro (film, disco, libro, goal) per me è tale solo quando suscita le stesse impressioni e la stessa reverenza anche a decine di anni dalla sua creazione (o soltanto decine di anni dopo la sua creazione, come spesso accade…). Quando a nessuno viene in mente di contestualizzarlo, di ricordare che la società era diversa, le chitarre più pulite e le difese avversarie più lente. Sarà qualcosa di Importante, di Storico (e non è poco), ma non un Capolavoro.
“La Maschera Del Demonio” di Mario Bava è un signor film, a tratti sublime, e mi cagavo pure sotto dalla paura, ma quando in più di una occasione l’intera sala di un festival del cinema scoppia a ridere in scene che tutto vorrebbero tranne che far ridere (per un dialogo che appunto porta i segni del tempo, o per la caratterizzazione di un personaggio che ne fa ai nostri occhi smaliziati un povero cretino)… beh… forse non è il Capolavoro che dicono sia.
d10. VV.AA. “The Rough Guide To Bhangra” 2000. (cd World Music Network, nuovo, € 14.64, AMG).
Ho come la sensazione di essere un potenziale fan sfegatato della dance di derivazione indiana, ma per un motivo o per l’altro sembra che non riesca mai a beccare il disco giusto.
“Funkadelica”, la raccolta assemblata da Feel Good Productions, è valida, a tratti entusiasmante, ma discontinua e in fondo meno indiana di quello che pensavo.
L’ultimo dei Fun-Da-Mental che ho sentito in un negozio non mi ha detto nulla. “Ok” di Talvin Singh l’ho preso, ma non mi fa impazzire. La raccolta di remix di Nusrat Fateh Ali Khan idem.
Sì, “Signs” di Badmarsh & Shri è uno dei miei dischi preferiti del 2001, ma visto in questa luce è troppo poco cafone, o no? Ecco, l’album di State Of Bengal con Ananda Shankar, quello sì! Mi toccherà comprarlo un giorno o l’altro, che Geubaz mi restituisca finalmente la cassetta o meno.
Questa guida al Bhangra, parte di una collana dedicata alle varie musiche del mondo, si sottotitola “One Way Ticket To British Asia”, con che cuore lasciarla lì sullo scaffale?
La confezione è curata, il booklet prodigo di informazioni e foto, la traccia dati del cd propone una breve ma utile storia dello stile e delle sue ramificazioni attuali. La musica è bella, contaminata con tutto quello che l’inghilterra ha offerto in questi anni (dalla drum’n’bass al reggae, dalla house alla garage) o più tradizionale. Nulla da dire, insomma, se non che resta un’impressione di “ufficialità” poco sporcatasi con il sottosuolo e che non è esattamente la dance cafona di derivazione indiana che pensavo di trovare.
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