d5. MC5 “Back In The USA” 1970. (cd Atlantic, nuovo, € 10.30, AMG)
Il migliore album degli MC5.
La rivoluzione abbandona le strade e le improvvisazioni jazz dell’era White Panthers per infilarsi nella biancheria intima di migliaia di teenagers e nel rock’n’roll più animalesco. Se prima erano proclami e violenza, ora è tempo di sesso e ribellione giovanile nel cuore dell’America a cavallo dei due decenni. La politica è sempre lì -eccome!- ma cambia tutto il resto. Little Richard in apertura, Chuck Berry in chiusura (“I’m so glad I’m living in the Usa” in bocca a Rob Tyner non ha la stessa potenza deflagrante di un “kick out the jams, motherfuckers!” o forse più?), nove originali grandiosi in mezzo da citare tutti o nessuno. Una copertina tra le più belle mai viste, perché aggiunge al disco invece di avvolgerlo e basta.
Disco indispensabile. Lo trovate in serie economica e non avete nessuna scusa.
d6. The Stooges “Fun House” 1970. (cd Elektra, nuovo, € 10.30, AMG)
Il migliore album degli Stooges.
L’impatto inquietante e devastante del debutto è spinto al livello successivo da una band compatta e sicura dei propri incredibili mezzi. Iggy ulula in preda a chissà quali spasmi, il suono è notturno, crudo, malato. Non riesco a immaginare che genere di fun si possa trovare in una house del genere. Ma nei primi cinque pezzi, scusate se è poco, si scrive la storia: “Down On The Street”, “Loose”, “T.V. Eye”, “Dirt” e “1970”. I sette minuti d’orologio di “Dirt”, se devo scegliere, lasciano il segno più doloroso. Tirate il fiato. Nei restanti due, la title-track e la conclusiva “L.A. Blues” soprattutto, prende il sopravvento l’anima più free del gruppo, lasciatosi andare senza ritegno e coadiuvato da un sax delirante. Ed era il 1970, tenetelo sempre ben presente.
Disco indispensabile. Lo trovate in serie economica e non evete nessuna scusa.
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